giovedì 25 agosto 2011

SAN FRANCISCO

Ecco, sono a San Francisco.
Adesso davvero non abbiamo più strada da fare.
Abbiamo lasciato Ted Simon e siamo scesi giù verso sud.
È stato un lungo pomeriggio, caldo e soleggiato. Molti vigneti.
Siamo (scrivo al plurale perché c'è anche la Zia Mary Bombardona) arrivati in prossimità di San Francisco all'ora di punta.
E poi i due ponti ma non il Golden Gate.
Mentre entravamo in città è arrivato un banco di nebbia grigia che ci ha ghiacciati, la temperatura è scesa a dieci gradi in pochi minuti e il vento si è scatenato.
Zia Mary si emoziona. Zia Mary ha un'anima. E se si emoziona si spegne. Come se fosse finita la benzina, e avevo mezzo serbatoio.
L'ha fatto oggi all'ingresso di San Francisco, in una sorta di autostrada. In mezzo a centomila automobili. L'ha fatto il giorno che siamo arrivati a Port Orford. Di fronte a una grande pietra con scritto Benvenuti a Port Orford, lei si spenta. Riparte dopo pochi secondi. L'ha fatto nella Monument Valley, davanti a una valle piena di tre cavalli sulle Montagne Rocciose e sotto un violentissimo temporale. Non c'e la fa. Non è un insieme di ferro e plastica, Zia Mary è viva, pensa, agisce, prova emozioni, ha freddo e ha caldo, sente la fatica. E trema se ha paura ma poi insieme ci facciamo coraggio e andiamo avanti.
Oggi ho trovato una stazione di peso per i camion e ho chiesto al poliziotto se poteva pesare Zia Mary. Non problem man! 484 pounds. Con su tutto.
Lo spedizioniere sta sulla baia, abbiamo visto il posto. È una bellissima e ripeto, bellissima zona industriale, con i giardini, le aiuole e gli alberi, sulla baia. L'unico posto per dormire senza muoversi per miglia da qui è un albergo fighissimo vicino a un marina. Sta a cinquecento metri dallo spedizioniere. I clienti sono tutti tirati, sono entrato lurido come un maiale e sono riuscito anche a ottenere uno sconto. Zia Mary è parcheggiata in mezzo a Mercedes e Porsche.
Un valletto con un carrello ha portato tutti i bagagli sporchi di polvere e fango nella mia stanza. A dolla.
Ho una stanza molto diversa dai campeggi in mezzo al bosco e dalle stanze dei motel da sparatorie che ho trovato in queste settimane. In alcuni di quei motel ti noleggiano le armi per le eventuali sparatorie se non hai dietro le tue.
Qui è diverso, cena di pesce e domani colazione in camera. Ultimo lusso.
Finito di imballare la moto dovrò aspettare fino a domenica sera per il volo.
E poi?

8 commenti:

  1. ...e poi ci saremo noi.
    Ti romperemo i maroni perchè tu ci racconti i particolari, anche quelli brutti.
    Come i racconti attorno al fuoco.
    Ciao bel.

    RispondiElimina
  2. Peccato tutto sia finito!

    Però a cibo mi pare che tu non ti sia fatto mancare proprio nulla!!!

    A presto.....Ale.Monfa

    RispondiElimina
  3. veramente grandissimo !!!
    ... ma è davvero tutto finito ???
    claudiochiu

    RispondiElimina
  4. Ti risvegli dal sogno! Ti lavi la faccia, fai la cacca, fai colazione e ritorni a cacciare la mani in bocca a equini vari.
    Buon rientro bros, ti aspetto per magiche serate di racconti.
    Hans

    RispondiElimina
  5. Giuocodì,
    non ho capito cosa vuoi rompere...

    AnonimoMarronaroInnervosito

    RispondiElimina
  6. Well done Massimo! What an incredible journey. Thanks for bringing us all along. dave j

    RispondiElimina
  7. POI?! Cosa ne dici di cominciare col buttare le mutande nel Pacifico?
    Sappiamo che rischi la galera, ma con quello che hanno passato, scommetto che vorrebbero morire lì ...nell'acqua che hanno tanto agognato. :-)))

    so far, so good - Gaspare

    RispondiElimina
  8. Phil Hip Poh Tcheckootchee25 agosto 2011 alle ore 19:34

    Giusto!
    Le mutande disperse nel Pacifico, come Randy California (mitico chitarrista degli Spirit): una fine meravigliosa.
    E magari un giorno un bimbo di Samoa vedrà uno straccio di colore indefinibile sulla spiaggia, lo raccoglierà con un bastone e leggerà a malapena una scritta: "Pasquale Amterano Syle".
    Comincerà a sognare, e magari un giorno deciderà di attraversare terre lontane in moto, magari da Lisbona a Bucarest, magari da Dakar a Nairobi, senza sapere che quello straccio già una volta aveva attraversato un continente...

    Baci,
    Phil Hip Poh

    P.S.: 220 kg, mica cotica!...

    RispondiElimina